Baby, can I hold you?

La nebulosa "Embryo" in Cassiopea

Di Benoît Labre

In memoria di Chiara, in viaggio per il cielo dal 13 giugno 2012, S. Antonio di Padova.

C’è posto in una capanna per una storia contrassegnata dal dolore? La capanna, rifugio immerso in un ambiente naturale non ostile, luogo dove restare con se stessi al riparo dal fluire delle cose che scorrono intorno, distaccati, almeno per un po’, anche da ciò che suscita l’inquietudine connessa alla vita ordinaria. Luogo dove meditare ciò che non ha tempo di essere scomposto, compreso e assimilato. Non so se la storia che ho da raccontare possa turbare troppo la pace della capanna, ma l’unico modo è di continuare a scriverla e poi bussare alla porta.

Tutto inizia in una parrocchia di Roma, dove qualche anno fa mi trovo per un incontro tenuto da un medico dall’aria mite, ma appassionata, il quale promette di parlare di un tema poco conosciuto: la medicina prenatale. Questo medico sviluppa ed espone alcuni temi in un modo che fa emergere le mie poche conoscenze in materia. Inizia mostrandoci un filmato che spiega gli eventi pressoché miracolosi che avvengono nei primi otto giorni dopo il concepimento di una nuova vita umana: la scienza è ormai capace di indagare con precisione ciò che avviene a un livello tanto microscopico. Introducendo il tema della medicina prenatale, ci confida che oggi si sta diffondendo una “sindrome del feto perfetto”, che colpisce molti genitori, terrorizzati che il figlio concepito possa avere un difetto, sia pure piccolo. Il problema è che molti medici, nel comunicare una diagnosi del genere, propongono con facilità l’interruzione della gravidanza, alla quale genitori frastornati finiscono spesso per acconsentire.

Questa notizia mi disorienta, non credevo si potesse scoprire di aspettare un figlio a cui manca, per esempio, un dito, e sentirsi proporre di lasciar stare, per concepirne un altro senza difetti in un secondo tempo. Ma questa è solo la prima sorpresa, ne arrivano presto altre: ci sono patologie prenatali che si possono curare, ma anche qui alcuni medici non propongono di questa via, forse per ignoranza o disinteresse, così spesso suggeriscono l’interruzione di gravidanza. Inoltre è vero che sono in pochi a parlare dell’importanza, della sacralità della vita nascente, ma almeno qualche voce in questo senso si sente levare, per lo meno nel mondo cattolico. Invece, ci racconta il nostro relatore, c’è tutto un aspetto della questione completamente taciuto: le conseguenze dell’aborto sulle donne. Infatti molte donne che interrompono la gravidanza hanno forti difficoltà ad aprirsi nuovamente alla vita, e molto spesso contraggono depressioni molto gravi, che talvolta si manifestano solo dopo un notevole numero di anni. Il nostro appassionato medico corrobora ciò che dice con dati di ricerche che sembrano molto serie, per cui non faccio fatica a credergli.

E’ l’ultimo argomento che tratta, però, quello che mi lascia più interdetto, forse dovrei dire quasi scandalizzato, tanto non mi aspettavo per una proposizione del genere. Infatti il dottore sostiene che quando la gravidanza è segnata da una diagnosi infausta, e dunque porterà certamente alla perdita del bambino appena dopo la nascita, lui consiglia le coppie di “accompagnare” il bambino, cioè di portare a termine la gravidanza in modo naturale, fino al parto. A questa cosa non ero pronto, sulle prime rimango colpito, ma inizio a convincermi quando ci racconta di una sua paziente la quale non seguì il suo consiglio, in quanto suggerimento di un “cattolico” e dunque di persona non pensante. Così decise di interrompere una gravidanza che avrebbe messo al mondo un figlio incapace di vita autonoma; da allora, nei successivi nove anni non era più riuscita ad aprirsi alla vita. Questo durò fino al giorno quando la donna ebbe una nuova gravidanza. Purtroppo per la seconda volta aveva concepito un figlio incapace di vivere autonomamente, per la mancanza di un organo vitale. Ma questa volta la donna si presentò di nuovo dal medico, decisa ad ascoltare il consiglio che non aveva seguito nove anni prima: con la sua assistenza, portò a termine la gravidanza, diede un nome al figlio, e lo seppellì. Di lì a poco concepì serenamente un figlio sano, di cui oggi è madre felice. Il racconto di questa storia mi commuove profondamente, andando vicino a suscitare quelle che qualcuno ha chiamato “lacrime di illuminazione”.

Il mio scandalo iniziale sta cedendo spazio a una verità che non sospettavo, della quale mi sto già convincendo, quando ci viene proposta la testimonianza di una coppia di giovani sposi che si chiamano Chiara ed Enrico, di loro mi colpiscono le belle facce e il profondo senso di dignità con cui ci raccontano la loro storia dolorosa, nella quale traspare tutta la maturità e la grazia che si sta stendendo sul loro amore coniugale. Chiara ed Enrico raccontano di aver avuto anche loro una gravidanza con una diagnosi infausta, e di aver “accompagnato” il bambino fino al parto, dandogli un nome, battezzandolo appena nato, e poi seppellendolo dopo la sua brevissima vita. Appariva chiaro come questa esperienza li avesse fatti crescere nel loro amore reciproco e nel loro desiderio di accogliere un figlio. Mi rimane impressa questa frase di Chiara:

tante persone intorno a noi hanno cercato di risparmiarci questa sofferenza dicendo, voi sapete che quello che state facendo non vi è stato chiesto da nessuno, che in questo caso anche la Chiesa lascia liberi di agire, quello che voglio dirvi è che c’è tanta confusione in questo, il Signore la mette la verità dentro ognuno di noi, non c’è possibilità di fraintenderla”.

Questa ragazza parla di una verità, che forse dovrebbe iniziare con una lettera maiuscola, che è accessibile agli uomini che la cercano onestamente, con buona volontà. Questa Verità parla attraverso la coscienza, svelando alcune cose senza possibilità di fraintendimento, tra di queste c’è come la vita nascente sia vera vita, né più né meno di quella già nata. Ma questa verità ha implicazioni meno facili da cogliere, una di queste è che la vita fetale senza speranza di sopravvivere fuori dall’utero non è da meno, reclama lo stesso amore della vita nascente sana, e lo stesso amore della vita già nata. Questa vita reclama di avere un nome, di vedere la luce, di ricevere un battesimo e anche un sepolcro, reclama la stessa dignità cui aspiriamo tutti noi.

Mi domando se questa verità possa essere colta solo da noi credenti, tra i quali per grazia di Dio sono tra gli ultimi arrivati, ma oggi posso verificarlo facilmente perché ho invitato mia madre a questa conferenza: psicoterapeuta freudiana, mia madre è agnostica per quanto riguarda le questioni della fede, così le domando che cosa ne pensi. Mi sorprende rispondendo di essere d’accordo con tutto ciò che ha sentito, perché conosce di persona le ferite quasi indelebili lasciate nelle donne dall’aborto, ferite che ha provato molte volte a curare nella sua vita di psicoterapeuta, e delle quali misteriosamente nessuno parla ai giorni nostri in relazione all’aborto.

Questa storia mi aveva tanto colpito da ricordarla come fosse ieri, con tutte le emozioni che mi aveva suscitato, come se avesse sollevato un velo tra me e la verità che circonda il mistero della vita nascente. Sennonché almeno tre anni dopo l’episodio che ho raccontato, ho ricevuto l’invito dal creatore di questo blog a pregare per una coppia di sposi che si chiamano Chiara ed Enrico: ho scoperto che, dopo aver portato a termine fino al parto due gravidanze con diagnosi infausta, hanno finalmente concepito un figlio sano ma, durante la gravidanza, i medici hanno diagnosticato a Chiara una malattia grave. Chiara ha scelto di non sottoporsi a terapia durante la gestazione, per mettere al mondo il suo terzo figlio.

Ci è voluta quasi una giornata per riconnettere le notizie che ho avuto, e la storia di cui mi ricordo così bene. Ripenso alla questione della verità, che Chiara aveva espresso, che illumina e segna la vita di questa giovane coppia. Il dono della Verità ha continuato ad esprimersi attraverso e loro vite, a rivelarsi anche a noi per mezzo di loro, e lo ha fatto in maniera concreta, toccando e ferendo la loro carne, svelando attraverso di essa che vale la pena di dare la vita per generare vita, cioè un figlio.

Così mi ero trovato al tramonto sotto il tetto di una Chiesa del centro di Roma, provando a mantenere la promessa che avevo fatto: pregare per loro, che dovevano andare a Medjuorje per chiedere una grazia in rapporto alla loro situazione. In ginocchio sui banchi, la partecipazione profonda per questa storia mi aveva avvinto, lasciandomi senza parole. Sentivo che stavo chiedendo per loro qualcosa forse di inadeguato, perché sullo sfondo di questa vicenda traspare come filigrana del tutto limpida la presenza del Signore, tanto che la mia preghiera mi sembrava minuscola di fronte a questi sposi capaci di vivere un’esperienza, sia pure così dolorosa, dove l’amore nella sua forma più alta, quella di dare la vita per gli altri, si esprime in maniera così densa ed inequivocabile. Tanto che intravedo la santità sullo sfondo di questa storia, per quanto io sia certamente inadeguato a farlo. Mi ero unito alla preghiera di coloro che speravano in un miracolo, ma riconoscendo che il miracolo più grande è già avvenuto: l’amore nella sua forma più alta, quella di dare la vita per gli altri, si è incarnato ancora, e riconosco il dono che sto ricevendo, quello di vivere in un’epoca ancora contrassegnata dalla santità, da una Presenza che continua ad permeare le nostre vite, e attraverso di esse non cessa di rivelarci quella Verità che ha promesso di farci conoscere, tutta intera. Quella sera riflettevo su come la mia fede stia iniziando a maturare, giacché riuscivo nelle mie preghiere non solo a chiedere la rimozione di ciò che fa soffrire me e gli altri, ma finalmente iniziavo a manifestare una fiducia in questa Presenza che misteriosamente si manifesta nelle circostanze più dolorose.

Ieri,  13 maggio 2012, S. Antonio di Padova, ho appreso che, alle 12,  Chiara si è spenta e ha lasciato la sua famiglia terrena. Mi hanno raccontato che aveva chiesto a Enrico proprio questo, di restare a occuparsi del loro figlio qui, mentre lei sarebbe andata ad occuparsi degli altri due in cielo.

 

Link consigliati:

http://www.laquerciamillenaria.org/

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=KTsHpU3aCeg

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