Sono stata creata tanto tempo fa, non so dirti come. So che, come te, vengo dal cielo, perché è lì che sono nata. Credo siano state le tue parole – parole che venivano pronunciate dal cuore e dallo spirito, più che dalla tua bocca – a darmi una forma. Ricordo che ero come nuda, in questa nuvola immensa dall’atmosfera rarefatta. C’erano lampi, intorno a me, e tuoni, sprazzi di luce e tenebre improvvise, ma i tuoi pensieri mi plasmavano, pian piano ne ero rivestita e sentivo che cominciavo ad avere una struttura e un peso. Non ero sola, ve n’erano altre, come me. Eravamo tutte lì, colpite dai raggi di luce che facevano aumentare il nostro volume e la nostra consistenza. Sentivo, allora, che stavo cominciando a essere parte di qualcosa, ma non capivo bene di che cosa. Esisteva già da allora un progetto e io, in qualche modo, venivo formata per quello scopo. Non conoscevo, tuttavia, né il mio creatore né la creatura che avrei servito. Ero certa, però, che stavo nascendo per servire qualcuno. A un tratto, mentre i raggi delle tue parole mi colpivano e mi rivestivano di luce, ho sentito freddo, un freddo gelido. I lampi si sono fatti più intensi e i tuoni più fragorosi. Ho cominciato a sentirmi più pesante e a cadere, giù per le nuvole e giù dal cielo, come quella che tu chiami una goccia di pioggia.
Il terreno su cui sono caduta era brullo, sassoso e desertico, ma da lassù cadevano tante altre gocce come me e, insieme, siamo divenute un lago. Siamo cresciute sempre di più, abbiamo cominciato a premere sulla roccia, per spaccarla e cambiare la superficie del terreno. E’ stato uno sforzo grandissimo e ha richiesto molto tempo e grande dolore. Sono divenuta simile all’acqua per permeare tutto quel terreno su cui ero caduta e verso il quale le tue parole e il mio creatore mi avevano mandata. Pur avendo ricevuto forza e potenza per scavare intere valli, riempire conche, creare laghi e mari mentre rimanevo sulla superficie, dove nulla sembrava potermi resistere, quando, invece, ho provato a entrare in profondità, ho capito che tutta la mia forza era inutile senza la costanza e la pazienza. Allora, da oceano, lago e fiume che ero diventata, ho cominciato a scavare come goccia, per penetrare nella roccia. E’ lì che ho realizzato la mia opera più grande, anche se nascosta agli occhi di tutti: giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, ho scavato, ho plasmato, ho riempito ed ho creato. Dove era solo roccia, ho disegnato stalagmiti, stalattiti, canali, grotte, pertugi, collegando la superficie con il sottosuolo, i fiumi esterni ai fiumi interni, i laghi superiori ai laghi inferiori. Sono arrivata, da goccia, dentro le montagne, oltre le pianure; ho fecondato la terra, ho fatto germogliare il seme, fiorire il fiore e aprire il frutto; ho dissetato, da goccia, quanto di più piccolo esiste nell’universo e ho portato la vita poco a poco, laddove troppa acqua avrebbe fatto solo del male, perché caduta tutta insieme.
Così, il terreno desertico è rifiorito, le valli si sono riempite, le colline abbassate; sono nati prima piccoli ciuffi d’erba, poi fiori, poi arbusti, alberi e poi intere foreste. In quel terreno si è rifugiata ogni specie di creatura, attratta dall’abbondanza di frutti, dalla quantità di forme di vita presenti e dall’amenità del paesaggio. Quanto, però, quel terreno ha dovuto soffrire mentre lo spaccavo, giorno dopo giorno, goccia dopo goccia! Quanto io stessa ho dovuto faticare e pazientare scavando, giorno dopo giorno, goccia dopo goccia. Finalmente, arrivata nel cuore della roccia, ho scoperto il fuoco e me ne sono innamorata… Era così bello, caldo e selvaggio, così diverso da me, così incontrollabile! Lo amavo, ma non potevo lasciarlo libero di sfogarsi senza arginarlo, avrebbe bruciato, coprendolo di lava, tutto ciò che avevo plasmato con fatica e con dolore. Così, l’ho arginato, gli ho fornito degli spazi attraverso cui esprimere la sua potenza creativa, insegnandogli a lavorare insieme a me per edificare e non per distruggere. Insieme, abbiamo realizzato sorgenti e geyser, reso fertile il terreno, riscaldato e dato la vita. E’ stato quello stesso fuoco che mi ha reso sempre più leggera, spingendomi su, e ancora su, verso la luce, verso la superficie e oltre. Così trasformata, sono risalita in cielo e, nel farlo, ammiravo la bellezza di tutto ciò che avevo contribuito a creare, goccia dopo goccia, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
A te sembro solo una goccia, ma in realtà io sono la tua Preghiera. Come ti dicevo, vengo dal cielo come te. Abbiamo lo stesso creatore, anche se Egli mi ha rivestita di te, dei tuoi sentimenti, delle tue parole, delle tue richieste e dei tuoi desideri. All’inizio ero piccola come goccia, come tutte le preghiere dei figli dell’uomo. Nonostante ciò, sono diventata un mare quando sono caduta sul terreno. Il terreno eri tu e il mare tutte le preghiere fatte da te e per te. Quando ti ho visto per la prima volta eri brullo, secco, desertico. Avevi perso ogni traccia di vita e in te c’era solo desolazione. Le suppliche dei tuoi cari per te mi hanno dato la forza di riportare acqua nella tua vita e di nutrire la tua terra. Io, la Preghiera, ti ho ridato vigore, freschezza, colore; ho reso il tuo aspetto nuovamente bello. Per cambiarti dentro, però, ho avuto bisogno di molto più tempo e di tutta la tua collaborazione. La tua insistenza e la tua costanza mi hanno dato il potere di arrivare là dove il mare è troppo grande per entrare e i fiumi troppo impetuosi per poter scorrere. Goccia dopo goccia, con pazienza, fatica e dolore, ho scavato dentro di te, spaccato la dura roccia intorno al tuo cuore, mi sono fatta spazio al tuo interno come nuova linfa e ti ho permeato di me. Ti ho reso un gioiello e non c’è una sola parte del tuo mondo dove io non sia arrivata e non abbia creato qualcosa di nuovo. Quando sono giunta al tuo cuore, ho scoperto la passione che vi ardeva come fuoco: bella, selvaggia, distruttiva se incontrollata. Io, che invece sono fatta di pazienza e dedizione, mi sono innamorata di quell’ardore che vedevo così diverso dal mio modo di essere… La tua passione è, tuttavia, pericolosa. Come lava, rischiava di erompere fuori dal sottosuolo come in un’eruzione. Tutto rischiava di essere distrutto e il tuo terreno sarebbe rimasto, ancora una volta, desolato. Ti ho trattenuto, educato e insegnato a controllare il tuo fuoco dirigendo la tua energia nella giusta direzione e senza esagerare. Abbiamo unito le nostre forze e messo insieme passione e costanza, ardore e pazienza, finché il nostro amore non ci ha permesso di cambiare tutto il tuo essere e di renderlo aperto al nostro creatore, che ti chiamava a partecipare alla sua opera: anche tu, con me, eri destinato a creare qualcosa. Allora hai usato me per arrivare fino al cielo, rendendomi leggera con il tuo calore, spingendomi sempre più su, finche sono uscita da te, come una lacrima, ma sempre goccia, che solcava il terreno del tuo viso. Come l’ho amato in quel momento! Guardavo le tue montagne, le tue valli, la bellezza che ti era stata restituita e che ora volevi condividere, mentre mi staccavo da te, librandomi verso il cielo e tornando fra quelle nuvole dove ero nata, pronta a nutrirmi ancora dei tuoi pensieri, dei tuoi desideri e delle tue richieste. Sapevo nel mio cuore che non sarei più tornata da te, ma che il nostro creatore mi avrebbe mandata, per tua richiesta, a cambiare e a rinnovare un altro terreno inaridito che aspettava di recuperare l’antica bellezza.
Per questo prenderò ancora la forma di goccia, per ricordare a te e ad ogni figlio d’uomo, piccole gocce d’universo, troppo minuscole per essere riempite d’un colpo dell’oceano d’amore del tuo creatore, che anche voi, come gocce, potete insieme a me, con pazienza e costanza, spaccare montagne, riempire vallate, far rifiorire le steppe inaridite della vostra esistenza e delle vite che sarete chiamati a benedire.