C’è un uomo che bussa da sempre alla mia porta. Lui viene ogni giorno a visitarmi, anche quando non voglio vederlo, anche quando lo tratto come un mendicante quale, in realtà, non è. Mi è bastato aprirgli una volta sola e farlo entrare per scoprire che la mia vita non sarebbe stata più la stessa, per essere consapevole che non avrei più potuto fare a meno di lui.
Mi guardo intorno e vedo che, con lui, la mia vita è ricca di ogni bene mentre, senza di lui, tutto perde sapore e significato, giacché posso dire di esistere solamente perche lui è. Lui può essere senza che io esista, mentre io non vivrei un solo istante se lui distogliesse lo sguardo da me.
Cerco il suo nome, così poco pronunciato, in ogni dove e mi sazio della sua presenza come bambino in braccio a sua madre. Vorrei che si parlasse di lui ovunque ma, purtroppo, persino nei luoghi a lui dedicati, viene messo in disparte. Si discute di ogni argomento dello scibile umano, si digeriscono notizie e cronache di dubbia provenienza e dai loschi e perversi obiettivi, si scalpita ogni giorno per accaparrarsi un posto in un cuore o su una comoda poltrona dietro a una prestigiosa scrivania, ma il nome di quest’uomo, Gesù, lo si sussurra con paura, lo si offende, lo si dileggia, lo si ignora.
Mi sembra, a volte, di non avere più nulla da dire o da scrivere, forse perché è un po’ che non guardo il notiziario e non leggo i giornali, benché sia impossibile, oggi, rimanere completamente fuori da una realtà che fagocita pensieri e sentimenti. Mi chiedo, poi, quante delle parole, da me finora messe nero su bianco o pronunciate ad alta voce, siano effettivamente utili e mi accorgo che, per molte di esse, potrei risparmiare fiato ed energia poiché, se penso a Gesù, sistematicamente tutto si ridimensiona, ogni cosa diventa meno importante, gioie e dolori trovano una collocazione sensata nell’intricata matassa che è la mia esistenza. E’ allora che scopro di essere felice.
Spesso, mi domando se tutto quanto pubblicato in questo blog non sia che un cumulo di insulse banalità, di scempiaggini. Vorrei raccontare storie meravigliose, usando parole appassionate e un linguaggio ricco e forbito; vorrei illustrare la complessità delle tematiche sociali, politiche, storiche e filologiche che sto esponendo; mi piacerebbe, per ogni termine che uso, poter ricostruire etimologia e legami con il passato. Alla fine, tuttavia, è sempre di lui che parlo, di Gesù, e di ciò che lui è per me, di ciò che fa per me, di quel che dà a me.
Non so se ho talento per la scrittura ma, come dicevo a un mio carissimo amico, credo che i talenti non siano nulla se considerati in sé. E’ Colui che li dona, in sinergia con la persona che li ha ricevuti e li utilizza al servizio di Dio, che li rende speciali e preziosi. E, più che avere talento per la scrittura, ritengo oltremodo importante scrivere per parlare di Gesù: non da teologo o da esperto, ma da semplice uomo che ha fatto esperienza di lui.
Dopotutto, quanti anni della nostra vita sprechiamo a inseguire chimere! Fatica, dolore, delusione: tutto per qualcosa che sparisce in un minuto non lasciandoci altro che un ricordo sbiadito e un sapore dolceamaro. Io non ho mai trovato nulla e nessuno che mi faccia vibrare, godere, esultare nel corpo e nell’anima come Gesù; quando lo sento bussare ed apro la porta, mi sento come la corda di un arpa che lui sta suonando, mentre, se lo lascio là fuori, non sperimento altro che tristezza e fallimento. Non sono nulla senza di lui. Tutto ciò che ho esiste per mezzo di lui, mentre senza di lui non ho nulla.
Alla luce di questo, come posso fare della dietrologia e girare intorno al cuore della mia vita senza mai arrivarci? Come posso fingere di essere un cantastorie, un giullare, un incantatore di serpenti quando il centro di ogni cosa è Gesù? Certo, mi piacerebbe che quello che scrivo fosse letto, apprezzato, amato; sogno di vedere lacrime scorrere grazie alle mie parole, alla mia voce, alla mia musica. Nondimeno, so che quelle lacrime si seccherebbero immantinente se ciò che le ha fatte sgorgare fosse solamente la mia voce, o la mia musica, o le mie parole. Così, ritorno all’essenziale e lascio che non si veda nient’altro di me se non un piccolo uomo, un seme insignificante che vuole portare frutto, lanciato sulla nuda terra esattamente come io lancio queste mie parole che non solcano più, come un aratro, la superficie liscia e bianca di un foglio, bensì il freddo e artificiale piano di uno schermo e rinuncio ai trucchi e agli artifici, sperando che questo possa servire di più a chi mi legge.
Dopotutto, il mio compito non è quello di essere uno scrittore, un musicista o un intellettuale di fama. No, il mio compito, nella vita, è testimoniare che senza Gesù io non sarei neanche un uomo, ma soltanto povera materia ambulante.
Parlare di Gesù per me è già un’arte; vivere di lui è la più grande tra le opere; costruire un mondo a sua immagine, e non a mia somiglianza, è il più bello tra tutti i capolavori. E’ per Gesù che io apro gli occhi di mattina, è grazie a lui che riesco a capire quanti meravigliosi doni ho intorno, è soltanto a causa sua se, stranamente e inspiegabilmente, le asperità di questa vita non mi hanno atterrato.
Come potrei parlare d’altro? Come comparare il piacere di stare con lui con qualunque altra falsa speranza?
“Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui, ed egli con me” (Apocalisse 3:20)
A me qualche lacrima l’hai strappata…
Dalla mia conversione, “solo” un anno e mezzo fa che sembra una vita fa, ha senso solo quello che faccio con Gesù e per Gesù, tutto il resto mi sembra spazzatura, come dice S. Paolo.
Da allora vivo in un mix di Gioia per avere trovato il tesoro nascosto in un campo e di sofferenza per i miei cari. Mi sembra ormai di vedere in tante situazioni come il Signore bussa insistentemente alla loro porta, e vederla serrare sempre più stretta…
Ma confido nella Misericordia di Dio…
Flavia
L’ha ribloggato su Lacapannadellozioblog.