Mi è capitato oggi di immaginarmi, soprattutto alla luce di una turbolenta settimana appena trascorsa, come novello discepolo sulla via di Emmaus, insieme ad un inseparabile amico, ignaro dell’incontro che, di lì a poco, sconvolgerebbe il mio modo di vedere le cose.
La mia prima reazione sarebbe, sia camminando con il mio amico, sia di fronte allo sconosciuto che si unisce a noi nel cammino, quella di vomitare addosso ad entrambi le mie frustrazioni, la sofferenza, la rabbia per quanto è successo nella settimana precedente, la mia ribellione, la mia non accettazione della realtà. Altro che pacati e composti discepoli del brano evangelico originale! Quei due, così calmi, così umili, così mogi, mi appaiono diametralmente opposti rispetto al mio temperamento focoso ed indomito, così santi, così rassegnati che mi verrebbe voglia di tirar loro un sonoro ceffone per svegliarli!
Occorre sapere, infatti, che il mio carattere tutt’altro che pacifico miete, potenzialmente e nella realtà (chi mi conosce lo sa bene) numerose vittime. In più, ho a mia disposizione un discreto numero di armi che utilizzo a mio piacimento contro il consapevole o inconsapevole oggetto della mia furia: l’occhiata indignata fulminante, destinata prevalentemente ai poveri turisti che girano con aria imbambolata, bocca aperta e sguardo perso tra i monumenti di questa città e bloccano il passaggio sia a piedi che in auto (sono tra i promotori e sostenitori di un referendum per l’istituzione di corsie preferenziali per cittadini infuriati e frettolosi, così da relegare i turisti, le signore con tacchi alti e buste per lo shopping, le pettegole confabulanti e i fidanzatini costantemente incollati per le labbra ad una corsia per pedoni lenti. Ovviamente, chi dovesse violare il nuovo codice pedonale incorrerebbe in sanzioni pecuniarie e corporali); l’eloquio travolgente, pensato, in particolare, per gli autisti ATAC (mi è capitato un paio d’anni or sono, infatti, di essere aggredito da un omone imbufalito il quale, dopo avermi quasi investito sulle strisce, ha lasciato incustodito il suo autobus per rincorrermi ed aggredirmi fisicamente e verbalmente in presenza della polizia! Eppure lo avevo solamente invitato, con estremo garbo, di fronte ai suoi improperi ed alla sua delicata e forbita parlata romanesca stilnoveggiante, a prendere lezioni di grammatica e sintassi prima di rivolgersi al sottoscritto… Va’ a capire!); il dito medio elettrizzante per tassisti e affini (usato in casi di estrema emergenza e necessità – mai, se il mio padre spirituale sta leggendo queste righe! – attraverso lo specchio retrovisore della mia supercar); la parolaccia annichilente (anche questa pressoché mai utilizzata e, nel caso in cui dovesse proprio essere necessario ricorrervi, esclusivamente in auto e dolcemente sussurrata con le labbra socchiuse e a finestrini chiusi).
Insomma, sono proprio un modello di homo metropolitanus incavolatus,tutt’altro che serafico e tollerante. E pensare che una mia cara amica ha avuto il coraggio di propormi un corso di salsa e balli latinoamericani premettendo che tale corso era rivolto a persone (cito testualmente) “amanti del ballo, dell’umanità e della calca, nonché poco sensibili agli odori”. A lei, ovviamente, ho riservato una delle mie migliori occhiate indignate fulminanti.
Fatta questa premessa, e dopo il ceffone suonato ai due timidi e recalcitranti discepoli del brano evangelico, il mio amico e compagno di cammino dovrebbe quasi trattenermi dal saltare addosso allo sconosciuto viandante appena unitosi a noi e che, dopo essersi sorbito il racconto di tutti gli spiacevoli accadimenti della mia settimana, per tutta risposta, mi direbbe: “Stolto e tardo di cuore a credere nella parola dei Profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”, il che, per me, vorrebbe dire: non bisognava che io soffrissi e che soffra tutte queste cose per entrare nella gloria? Se Cristo, da innocente, ha patito le peggiori ingiustizie, è davvero così strano che la vita non sia tutta rose e fiori per un suo discepolo?
Sono uno che tende a prendersi esageratamente sul serio e tuttavia, immaginando la mia stessa faccia e la mia reazione nel sentirmi definire stolto e tardo di cuore, davvero non riesco a non ridere di me. “Stolto e tardo di cuore io?!”, mi indignerei. “Io che ho una laurea, un master, una preparazione accademica, un lungo curriculum di cristiano cattolico apostolico romano? Ma come si permette, questo qui è pazzo, non sa con chi sta parlando!”, e inveirei contro l’incauto viandante reo di aver offeso cotanta personalità!
Già, il mio problema è proprio questo… Io! Questa parola così piccola, insignificante, apparentemente innocua ma che cela in sé la forza distruttiva più potente dell’universo: l’io ferito, l’io ambizioso, l’io che si vuole affermare, l’io che pretende riconoscenza e riconoscimento, affetto, fedeltà, amore e che, se non ottiene immediatamente ciò che desidera, è capace di prenderselo con la forza annientando qualunque cosa lo divida dal suo obiettivo finale; l’io che non si accontenta dell’oggi, che non vuole e non concede riposo, che non è mai sazio né mai lascia in pace; l’io che trasforma qualunque buon proposito, bel progetto, sano obiettivo in una trappola mortale, in un muro invalicabile, in una trincea in cui non si può far altro che combattere.
Stolto e tardo di cuore chi si lascia governare dal proprio io e privare da questo di energia vitale e del legame con la realtà, gli amici, la famiglia, Dio. Sì, perché tale forza distruttrice acceca e impedisce di distinguere la realtà dalla fantasia e, soprattutto, dalle manie cospiratorie e, illudendoci di guidarci verso il nostro bene, non produce altro che la nostra rovina!
Per me Emmaus è questo: cadere dal cavallo del mio egoismo, sentire polverizzarsi le scaglie che chiudono i miei occhi, riconoscere il mio Signore nello spezzare il pane. E’ qualcosa di indescrivibile e molto personale: mentre ti capita di passare una domenica mattina da solo, inchiodato davanti a un muro a rimurginare e a ricordare i fallimenti, a progettare la tua riscossa e, inevitabilmente, a renderti conto dell’impossibilità di farcela da solo, a piangere su te stesso e a vederti come vittima delle peggiori congiure internazionali, all’improvviso, quando ormai t’immagini come protagonista di Mission Impossible, a lottare contro tutto e tutti, ti viene di dire una piccola preghiera e di ricevere una Parola di santità e vera amicizia che ti aiuta a decidere di superare quel muro apparentemente insormontabile, di tendere la mano a chi, in cima a quel muro, ti invita ad aggrapparti a lui.
Dunque, ad Emmaus, i nemici diventano amici, la morte diventa vita e la tristezza che consuma e i cattivi sentimenti che attanagliano l’anima e il cuore vanno via all’improvviso; dagli occhi ti cadono le scaglie che serravano le palpebre fino a quel momoento e gambe, braccia e corpo vengono liberati dal marmo che li imprigionava e impediva loro di muoversi. Tutto cambia, misteriosamente e rapidamente: decidi di tenere aperto il blog che avevi creato ma ti eri fissato di voler chiudere per sempre, magari anche perché la sua eventuale chiusura aveva messo in allarme l’UNESCO, la quale, sollecitata dai milioni di affezionati lettori, arriva a concederti una particolare “tutela per i beni intangibili” (sarà perché la cosa non tange nessuno?) e finanzia il restauro dell’intera opera d’arte di vitale importanza per l’umanità; ti dedichi, per fede, a chi, leggendo ciò che scrivi, potrà, eventualmente, riconoscersi in qualche tuo assurdo e stupido comportamento; ti vesti ed esci, vai ad incontrare gli amici e ti comporti come se, per loro, fossi una persona insostituibile; concedi a te stesso, al mondo, a Dio, l’opportunità di svelare ancora delle sorprese, delle grazie, colori nuovi e sentimenti mai provati prima. Tutto come se, da uomo più importante del mondo, ti trasformassi nel dono più prezioso e necessario del mondo e non perché tu ne sia convinto, no… Semplicemente perché ti è stato detto di crederci.
Tutto questo solo perché riconosci che Qualcuno è più importante e immensamente più degno di essere seguito rispetto al tuo io! Ecco che cos’è, per me, Emmaus.