Il mio regno per un mutuo!

Marinus van Reymerswaele, Gli usurai, 1540

E’ sera. Ho appena bruciato il minestrone, dopo aver scoperto con orrore che un accappatoio rosso, da me messo incautamente in lavatrice con una maglietta bianca che mi piace particolarmente, ha tinto di rosa questa ed altri capi fino a poco prima candidi come la neve. Perciò, cari amici vicini e lontani, in attesa di sbollire la rabbia e di far ribollire un altro minestrone surgelato, ho deciso di scrivere direttamente a voi, come se vedessi i vostri volti e percepissi i vostri sguardi. Sarà perché è sera e non mi farebbe male un po’ di compagnia nel mio solitario monolocale da single, sarà perché immagino ognuno di voi preso in mille faccende, con la vita che va a mille e mai un attimo per poggiare il capo da qualche parte e riposare non tanto il corpo quanto l’anima.

Non so se per voi è lo stesso, ma, almeno in questo istante, le dimissioni della Polverini da presidente della Regione Lazio mi preoccupano molto meno della polvere che si deposita sul mio pavimento e su quei pochi mobili che possiedo (e che in gran parte non sono neanche miei!). D’altronde, sono un uomo non sposato che non può permettersi un mutuo per una casa di proprietà e, semmai dovessi accenderne uno, non potrei sognare che un microappartamento a via di Malafede o all’Infernetto (prospettiva non molto allettante, con tutto il rispetto per chi vive da quelle parti… A me solo il nome suscita un viscerale timore!). D’altra parte, quanta gente della mia età a Roma, sposata o non sposata, condivide la stessa problematica, con particolare difficoltà per chi non è di queste parti e non ha neanche una famiglia cui appoggiarsi! Io, di certo, non posso proprio lamentarmi, dato che ho provvidenzialmente trovato una soluzione vantaggiosissima praticamente al centro dell’Urbe. Tuttavia, non può essere per sempre e – devo ammetterlo – vivere da solo mi ha un po’ stancato.

Mi lascio molto andare, lo ammetto! Non transigo con la pulizia e l’ordine, questo mai, però sono diventato il re dell’imbustato e del surgelato, dei cibi precotti e delle serate passate in poltrona davanti alla televisione. Questo mi ha spinto a guardare troppo dentro me stesso e poco al di fuori, a concentrarmi sui miei problemi e a glissare su cose decisamente più importanti. No, non sono eccessivamente duro nei miei confronti, o forse sì… Purtroppo, però, ho dovuto constatare che non è bene che l’uomo sia solo. So che non ho voglia di condividere uno spazio abitativo con gente che non conosco e con cui ho a malapena un rapporto, ma tutto, dentro di me, grida che ho bisogno di una famiglia, di un “noi”, di smettere di avere l’”io” come centro della mia esistenza, della mia fatica, dei miei guadagni e dei miei fallimenti. Continuo a pensare e a ripensare a quale potrebbe essere la soluzione del problema: aspettare di essere sposato e di guadagnare abbastanza per poter vivere in un bel posto e con le persone che amo? Per carità! Potrebbero passare anni, decenni, secoli! E poi, chi mi garantisce che tutto filerebbe liscio e che non mi sentirei mai solo e incompreso? Alzi la mano chi, pur avendo una compagna, un compagno e una famiglia, non si è mai sentito solo! Ah, no, siete tutti dall’altra parte di uno schermo, non potrei vedervi mentre vi agitate per mostrarmi che il mondo non vi comprende, che vostra moglie o vostro marito vi danno il tormento e che i vostri figli sono degli ingrati… Ma la verità è proprio questa: c’è qualcosa di profondamente sbagliato nella mentalità corrente, nel credere che le varie tappe del nostro cursus honorum (realizzazione professionale, affettiva, logistica!) ci renderanno felici e ci toglieranno quel vuoto, quella sensazione di vuoto ed estraneità che a volte, pur combattendola con tutte le nostre forze, sentiamo crescere in noi. Non passerà mai, semplicemente perché non apparteniamo a questo mondo, siamo stati creati per qualcosa di molto più grande e, come dice San Paolo, oggi noi vediamo come in uno specchio, non comprendiamo la realtà vera delle cose. Soltanto un giorno, passata questa vita, conosceremo allo stesso modo in cui siamo conosciuti e allora la nostra gioia sarà piena.

Certo, io sono convinto che la gioia e la felicità, se uno è di Cristo, siano già di questo mondo. Bisogna essere di Cristo, però! E capire che è Lui la fonte di ogni gioia, arrivando a maturare delle convinzioni e delle scelte che potranno non sembrare “logiche” ai più (ad ogni modo, qualcuno dovrebbe spiegarmi se è logico il modo in cui vanno le cose nel mondo oggi).

Prendiamo come esempio la casa: ricordo come fosse questo istante il giorno in cui don Fabio Rosini, uno dei santi sacerdoti che hanno segnato in bene la mia vita, disse sull’altare: “I cristiani so’ quaa ggente che nunn è fatta pe’ paga’ er mutuo” (tradotto: i cristiani sono quelle persone che non son fatte per pagare il mutuo). Che avrà voluto dire? Che non è bene comprarsi una casa? Affatto! Sicuramente, tuttavia, si riferiva al fatto che non è giusto vivere esclusivamente per mettere da parte il denaro necessario a divenire proprietari di un immobile, divenendo schiavi di quattro pareti. Mi viene in mente anche quando, poco tempo fa, con un altro santo sacerdote e degli amici carissimi, dopo un viaggio in Terra Santa, si discuteva di come le case di Nazareth e Betlemme non fossero concepite perché le persone e le famiglie vi si chiudessero e vivessero isolate dal mondo esterno, dagli altri. Era così, un tempo, anche nei nostri vecchi paesi del sud Italia.

Quello che voglio dire è che io (non so voi!) sono stufo di vivere in questo modo, di aspettare che tutto sia perfetto, che si risolvano i problemi, che la mia situazione lavorativa e sentimentale cambi per poi mettermi un peso enorme sul groppone, da portare per trent’anni, e andarmene a vivere all’Infernetto (le probabilità, da un punto di vista statistico, che io vada prima all’inferno, quello vero, sarebbero addirittura maggiori, se non fosse per la grande misericordia che Dio ha nei miei confronti). Sono stufo di vedere che Roma si svuota per far posto ai turisti e alle multinazionali, che c’è sempre meno posto per la fede e per le cose belle in questa città dove davvero “homo homini lupus est” e di attendere che siano sempre i politici, la Fiat o il Papa a trovare una soluzione per aggiustare tutto. So di affrontare un tema scottante e delicato e che tanti, a questo punto, potrebbero dirmi: “e vabbeh, allora trovace tu ‘na soluzione”! La mia soluzione io la sto già cercando e, quando l’avrò trovata, forse presto, ne racconterò volentieri i particolari. Ora come ora, desidero soltanto condividere questo pensiero, e cioè che, da cristiano, la mia casa è la Chiesa in quanto corpo mistico di Cristo il quale, a sua volta, è la mia vera Casa, più di qualunque luogo fisico o affettivo in cui io abbia mai riposato le mie stanche membra o il mio spirito affranto. La mia soluzione, quindi, non può che essere il cercare di conformare la mia dimora terrena con quella celeste la quale, come Gesù stesso ha detto, sarà chiamata “casa di preghiera”, ma anche di comunione, di unità, di fraternità.

E’ ora, quindi, di darsi da fare per uscire dalla spirale secolare e borghese (come qualcuno a me particolarmente caro l’ha definita) del modo di vivere, di abitare, di esistere individualmente e familiarmente, senza i fratelli e le sorelle, senza chi è già parte del nostro corpo perché parte del corpo di Cristo, senza qualcuno con cui confrontarsi costantemente e condividere le gioie e i dolori dell’esistenza, qualcuno che non solo ci costringa a uscire da noi stessi ed a superare i nostri limiti, ma che ridimensioni il nostro ego e quegli ostacoli che a noi sembrano insormontabili, qualcuno per cui rinunciare a una parte di noi, morendo a noi stessi per ricordare che non siamo al centro dell’universo, né come uomini né come famiglie mononucleari circondate, protette e, a volte, assediate dalle mura domestiche.

Se qualcuno di voi ha visitato la Terra Santa, cari amici, rammenterà sicuramente le dimore dei primi cristiani, chiamate “Domus Ecclesia” (casa-chiesa) poiché luoghi di vita e di preghiera insieme, di condivisione, di amore e di dono di sé all’altro. Che non sia arrivato il momento di una svolta nella nostra civiltà? Che non sia giunto il tempo per iniziare a costruire quella che Giovanni Paolo II chiamava la Civiltà dell’amore, una civiltà basata non più sul furto (e non solo alla Regione, ci sono furti ben più importanti!) ma sulla partecipazione, non solo sulla realizzazione di sé, costi quel che costi, ma anche sul sacrificio perché pure altri possano realizzarsi, non più sull’attesa, bensì sulla realizzazione di un mondo migliore per noi e per i nostri figli? Qualcuno penserà che mi abbia dato di volta il cervello e sia diventato comunista… Giammai! Qui non si tratta di passare come una falce sulla volontà delle persone e di annichilire tutto e tutti in nome di un’ideologia; qui si tratta semplicemente di iniziare a vivere non più per se stessi. Allora, forse, avremo per noi molto più di quanto non abbiamo adesso.

I primi cristiani non erano “stanziali”: uscivano dalle case, dalle famiglie, dalle patrie per evangelizzare, cambiare le vite e le storie degli altri. Noi, invece, scappiamo via da Roma e dal suo cuore, perché ci accontentiamo di avere una casa piccola, scomoda e cara purché sia “tutta nostra”, per le esigenze nostre e di quei pochi che hanno l’onore (o l’onere) di vivere con noi, e non ci facciamo scrupolo alcuno nel lasciare la città santa in mano alle gozzoviglie dei pagani.

Allora, come diceva Don Fabio Rosini, ricordiamoci che non siamo fatti per pagare un mutuo e chiuderci nei nostri angusti tuguri, ma per il Regno di Dio e la sua edificazione in questo tempo, in questo luogo, in questa città!

Riprendiamoci Roma, abitiamola, amiamola, seminiamo le sue strade, le sue piazze, le sue chiese con la testimonianza della Parola e della nostra vita!

Fine del primo episodio

 

3 Replies to “Il mio regno per un mutuo!”

  1. mamma mia, da questo scritto sembri il mio “alter ego mascolino”! cavolo!
    proprio questa mattina mi chiedevo, e sopratutto chiedevo al mio Signore, che senso avesse un mondo dove l’ora di religione verrà abolita, i gay adotteranno i bambini, mentre tante coppie di sposi maschi e femmine vengono scartate in nome di una qualche non appropriata capacità di crescerli, Nicky Vendola intima al Papa il silenzio sulle adozioni gay, appunto, in Brasile c’è la gara del sedere femminile più bello (grandi conquiste del femminismo) e sul sito del tgcom un fantomatico giornalista ha chiamato la sagrada famiglia, illuminata in maniera strepitosa, il “tempio”… piccole e piccolissime cose, forse, che mi fanno sentire sempre meno di questo mondo e sempre più dell’altro mondo (almeno nel desiderio profondo e nell’impegno per arrivarci)… mettici pure che sto per comprare una minuscola casetta dell’Enasarco all’AXA (vicino all’infernetto e malafede!!!) e non ho idea di come pagherò il mutuo per 30/40 anni, (illustratrice/web designer libera professionista sempre a rischio di eliminazione dal mercato), che da mesi passo le serate, weekend compresi, davanti alla tv e neanche me ne preoccupo più di tanto, che sono in attesa spasmodica di riprendere il mio laboratorio delle fede (boccata di ossigeno e di sana vita sociale!!!), e che stamattina ho messo a lavare un accapatoio arancione (a 60°) insieme a tutti gli altri asciugamani multicolor e, facendo tesoro della tua esperienza, troverò tutto il bucato un po’ alternativo… menomale che sono un’illustratrice amante dei colori, che va matta per le sorprese e le novità!!!
    e allora mi chiedo: mo’ che faccio con questa vita apparentemente fuori controllo o troppo sotto controllo? beh, faccio così:
    mi alzo la mattina aspettando le infinite sorprese, belle e brutte che siano, che il Signore ha in serbo per me e per la mia salvezza,
    lodo, lodo, lodo Dio dei miei prossimissimi 40 bellissimi anni di vita, vissuta tutta con Gesù,
    metto a frutto il talento nell’arte e “scrivo” icone per contemplare e far contemplare il volto dell’Altissimo, di Maria e dei Santi,
    prego e chiacchiero con Dio sempre più spesso perché faccio tanto bene e mi faccio tanto bene,
    testimonio l’amore di Gesù e per Gesù in tutti i luoghi dove capito (palestra e spogliatoio di zumba inclusi)… è scioccante ma capiscono tutti subito che sono cristiana, d’altronde come posso tacere una tale grazia,
    e vivo sempre col cuore felice e gioioso della figlia di Re, anche se non c’è uno straccio di principe azzurro o paggio marrone all’orizzonte (ma come dice Don Fabio: “e se fosse una Grazia…”) anche se io, che sono la più grande di sei figli, quella più gettonata e più portata per la maternità, col tempo che avanza inesorabile, probabilmente, non sarò mamma ma sarò sempre solo zia (ma che zia però… chiedere ai nipoti…), anche se il solo pensiero del mutuo mi paralizza…
    comunque ho scritto troppo per un commento, ma caro “alter ego mascolino”, oggi sei una delle belle sorprese di Dio e ti ringrazio per il tuo/mio sfogo cristiano, mi ci voleva proprio, giacché la pigrizia della single e il divano comodo mi portano, troppo spesso e inesorabilmente, dentro me stessa!!! ovviamente cercherò di seguire i tuoi pensieri, restando in ansiosa attesa di tue preziose proposte, magari da condividere, per cambiare Roma e, se Dio vuole, il mondo intero!
    ti abbraccio nel Signore, chiunque tu sia, Dio ti benedica e illumini ogni tuo passo…
    la tua “alter ego femminile”…

  2. Ciao Gerry,
    mi piace il tuo blog, ogni tanto lo leggo. So bene che io non posso dire granche’ riguardo a questa mancanza che senti nella tua vita. Tu mi conosci e sai che davvero sono stata super graziata ad incontrare Francesco e che proprio non ne ho merito. Quello che pero’ c’e’ per tutti, o meglio, per tutti quelli che hanno occhi per vederlo, e’ che c’e’ sempre un deserto da attraversare e non e’ detto che un deserto da solo sia peggio di uno in coppia. E’ un deserto sicuramente diverso ma e’ sempre un deserto.
    Comunque oggi pensavo a quello che hai scritto e so bene quanto puoi lasciarti andare all’apatia nonostante gli interessi non ti manchino; allora ho pensato a cosa faccio io quando mi rendo conto che comincio a fare la pigrona (anche se davvero non mi succede spesso con tre monelli e un marito de roma!): io cerco di fare una cosa in piu’ che mi piace come ad esempio organizzarmi con un’amica per andare tutti i sabati in bici da corsa fino su ad un paesino in cima alla montagna (circa 40 km), oppure stampo spartiti nuovi di Einaudi e li suono. A volte, come oggi che Francesco non c’e’ perche’ e’ andato a Medjugorje, avevo voglia di dire tante cose ma non potevo allora mi sono messa li’ al pianoforte. Ho pensato che a Roma protresti affittartene uno. Qualche anno fa mi ero informata in vari posti e li fittavano per 35 euro al mese.

    Sicuramente non risolve la mancanza di una famiglia tua dove non vedi l’ora di spenderti, ma forse ti puo’ aiutare con il lasciarti andare.

    ti abbraccio

    Ale

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