La mia Buenos Aires

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La città dei colori accesi di Calle Caminito e del grigio del Rio de la Plata; la terra degli estremi, brulicante di vita e costantemente accesa dalla voglia di vivere dei suoi abitanti, eppure inondata dal sangue dei martiri e dei desaparecidos. Arrivi dall’aeroporto che è inverno quando in Italia è estate e ti aspetteresti, invece, il sole caldo che avevi sognato pensando all’America latina. Scopri, poi, che lì, agli arrivi internazionali, ti sta aspettando l’amico di un lontano parente del tuo paesino, emigrato là cinquant’anni prima, il quale vuole mostrarti l’associazione dei tuoi compaesani, più numerosi là che in Italia, e parlarti delle gioie e dei dolori della vita di chi ha dovuto lasciare tutto portandosi dietro solo una valigia di cartone. In una lingua che è un misto di italiano, spagnolo e dialetto, questo gentile signore ti supplica di rivelargli se il tale compare, morto quando tu non eri ancora nato, gode di buona salute e gli brillano gli occhi quando gli parli della terra natia e della strada in cui lui è cresciuto. Tra un asado criollo e qualche empanada, torni a casa tua satollo, passando per immense periferie che sanno di disperazione ed abbandono, e ti ritrovi di colpo in un quartiere luccicante di lussi e di palazzi retrò che sembra di stare a Parigi o a Milano, tra vecchie signore ingioiellate, bambini vocianti che giocano nei parchi belli e curati, artisti di strada e cartoneros, ovvero poveri diseredati che vagano per le strade come fantasmi, alla ricerca di cartoni abbandonati da rivendere.

Ti fai presto un sacco di amici, perché qui l’amicizia è sacra, hanno persino un “giorno dell’amico”, in cui ti fanno regali e ti festeggiano. Tutti ti invitano a pranzo, ti danno del tu e ti trattano come se fossi la persona più importante dell’universo; ti chiamano per sapere se stai bene e se ti senti solo, danno il tuo numero i loro amici e agli amici degli amici, cosicché ogni mattina, pomeriggio, sera hai qualcosa da fare e qualcuno da incontrare.

Tango, musica, dignità, passione, espansività, ritmo, sapore, peccato, redenzione, vita, morte, speranza e disperazione… Queste sono le parole chiave di Buenos Aires, città emblematica come la vita stessa, terra di artisti, dittatori, assassini, di immigrati ed emigranti, di martiri e poeti e ora anche di papi. Non si può capire papa Francesco se non si comprende Buenos Aires.

 

Che, muchas gracias, mi Buenos Aires querido!

 

BALADA PARA UN LOCO – DULCE PONTES (Astor Piazzolla y Horacio Ferrer)

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