Lo scrittore

penna-calamaio

Nel cuore della notte, mi siedo a una scrivania. Comincio a frugare tra i cassetti dell’anima, alla ricerca di qualcosa che so di poter trovare ma che non mi è sempre facile tirar fuori. Il ticchettio di una tastiera si confonde con le note di una musica che mi fa compagnia e, mentre il mondo là fuori non sembra voler calmare il suo spirito ribelle, io cerco di mettere pace e ordine dentro me, sperando di far tacere le mille voci che rimbombano nella mia mente e dare, finalmente, spazio all’unica che voglio davvero ascoltare e che so essere veritiera, benigna, pacifica, delicata eppure franca e sincera, mai prepotente, mai troppo forte e, nondimeno, autorevole, appassionata, chiara.

Ci sono tante cartelle da scartare, parole, righe, pagine intere da cancellare, periodi e frasi da riscrivere completamente, pensieri da affinare, termini da ricercare, stili da abbellire senza esagerare, senza trucchi, fronzoli e inganni.

Quanto tempo, quante lacrime, quanta aridità e quanto silenzio prima che compaia, sul mare piatto, placido e monotono di una giornata apparentemente senza senso, un’impercettibile increspatura che, pian piano, si trasforma in scia da seguire, insignificante rigonfiamento dell’acqua e poi, incredibilmente, in onda da cavalcare, sentiero da seguire, dove nuotare e saltare come un delfino dietro a una barca veloce.

E’ tempo di capire che, prima di scrivere, devo lasciarmi scrivere, far sì che il mio spirito sia solcato, come foglio bianco, da una penna che scaverà profondamente per lasciare il suo segno inconfondibile e indelebile su di me. Nulla sarà mai più come prima e le parole che prima sembravano strani suoni privi di significato appariranno ora ricche di senso, le note si sistemeranno sul pentagramma e, seguendo uno schema ordinato, suoneranno una melodia mai udita, eppure familiare, figlia indipendente che inizia a danzare da sola seguendo un ritmo tutto suo, puledro irrequieto, bellissimo e ribelle che fatica a essere domato e che rischia continuamente di sfuggire. Ma non deve sottrarsi al mio controllo, no, per il bene di coloro per i quali è venuto al mondo, coloro per i quali io l’ho creato: i lettori.

Già, i lettori. Chi saranno mai queste figure ingombranti ed onnipresenti nella vita di uno che scrive? La risposta è facile: il prossimo.

Nessuno, adesso lo so, può imparare davvero il mestiere di scrivere se non ama il suo prossimo. Stolto è colui che gode delle proprie altisonanti rime se queste non sono state destinate all’orecchio di qualcuno; misero chi si consuma nel cercare sempre il termine più bello, il più adatto, il più sofisticato se non ha in mente gli occhi che si poseranno sulle pagine che la sua fatica partorirà.

D’altronde, chi è l’artista se non colui il quale, con ogni respiro, magnifica la gloria del creatore, del creato e delle creature? Come può egli dormire in pace pensando di non aver messo a frutto i propri talenti nel creare un monumento, seppur piccolo, magari neppure apprezzato, e tuttavia ricco d’amore, per le persone da lui amate, per quelle che ha incontrato nel corso della sua vita, del suo cammino? Può forse egli trovare riposo sapendo di non portare su di sé le cicatrici dei solchi di quella penna che sa di dover far passare sul proprio cuore? Io dico di no e forse è proprio questo il motivo per cui tanti, troppi immensi talenti muoiono e appassiscono come fiori che nascono e periscono nel corso di una notte, perché sanno di aver deviato dal vero cammino dell’arte, che è quello del dono e del servizio a Dio ed alla sua creatura più bella e complessa: l’uomo.

Sono alla vigilia della pubblicazione del mio primo romanzo, lavoro duro perché il secondo sia migliore e mi impegno ogni giorno per lasciarmi scrivere, cancellare, correggere e, a volte, anche strappare. Esattamente come le pagine che io stesso scrivo.

Mi affeziono più facilmente ai personaggi che somigliano maggiormente alle persone che ho conosciuto e, pur avendo una memoria di ferro, fatico a ricordare i tratti, sovente anche i nomi di coloro che ho amato come figli mentre la mia fantasia ne tracciava le sembianze come degli schizzi. Dimentico, perché sono già proteso verso quelli che aspettano di essere creati.

Quello che, però, non posso dimenticare, sono le tue parole, amico, amica, padre, madre, sorella, fratello, semplice conoscente che un giorno mi sei passato accanto.

Il mio lavoro è per voi. I vostri cari, insostituibili e amati volti mi accompagnano nelle mie notti insonni, nei miei giorni di fatica e nel tempo della siccità, quando le parole e l’ispirazione si fanno attendere come pioggia sulle zolle secche e piagate.

E’ allora che ricordo che l’acqua siete voi e, ancor più di voi, Colui che dà il seme al seminatore e pane da mangiare, Colui che invita a non preoccuparsi troppo per il domani e a fidarsi della sua bontà.

Nell’aria torrida e rovente di una sera estiva, senza brezza e senza frescura, la mano del Creatore e i vostri sorrisi divengono per me linfa vitale che scorre nell’anima, portando vita ove sembrava non ne fosse rimasta e le mie mani ricominciano a scorrere sulla tastiera e a produrre ancora parole, a volte belle, a volte meno, spesso inutili, forse troppe. Eppure, come per miracolo, capiterà che si trovi qualcuno a cui esse faranno almeno un po’ di compagnia.

Allora, potrò riposare in pace.

 

3 Replies to “Lo scrittore”

  1. “E’ tempo di capire che, prima di scrivere, devo lasciarmi scrivere”. Da un tuo lettore a cui piace scrivere: Grazie!

Scrivi una risposta a lacapannadellozioblog Cancella risposta