Rieccoci ancora. Un altro anno ricomincia e, con esso, un’altra settimana, un altro periodo pieno di attività, doveri, responsabilità e cose da fare.
Le feste di Natale sono ormai alle spalle, con il loro carico di chili da smaltire, rimpianti per vacanze non andate come si desiderava (o non andate proprio), tempo sprecato, libri non letti, parole non dette, regali, non graditi, non fatti, non ricevuti o riciclati, troppo divertimento o troppo poco, e via con la mente che vaga cercando di superare i limiti imposti dal tetto di un autobus eccessivamente pieno o dalle quattro pareti di un ufficio in cui è più arduo che mai rimanere chiusi.
Già, ma questa mente per cui nessuna vacanza è mai sufficiente e nessun posto è abbastanza esotico, dove mandarla, dove riuscire a farle trovare un po’ di pace e di appagamento?
Più di vent’anni fa, un artista idolatrato dalle folle ha scritto un brano celeberrimo, che a me personalmente non è mai piaciuto soprattutto a causa del testo, che trovo mediocre e insulso (per niente all’altezza, peraltro, di tante altre sue canzoni che amo). Fa più o meno così:
Immagina che non esista un paradiso, è abbastanza facile; e che non vi sia alcun inferno sotto di noi, ma soltanto il cielo lassù; immagina tutti gli uomini vivere solo il presente.
Immagina che non vi siano nazioni: non è poi così difficile; niente per cui vivere o morire e niente religione; immagina la gente vivere in pace.
Dirai che sono un sognatore, ma di sicuro non sono l’unico. Spero che un giorno ti unirai a noi e il mondo sarà finalmente unito.
Immagina che non esistano cose da possedere, niente per cui arrabbiarsi o avere smanie, ma solamente un’unica fratellanza umana; immagina la gente condividere tutto ciò che c’è al mondo.
Dirai che sono un sognatore, ma di sicuro non sono l’unico. Spero che un giorno ti unirai a noi e il mondo sarà finalmente unito.
Ebbene, dopo aver riletto il testo della canzone in italiano (per inciso, mi disgusta ancor più della versione inglese, forse perché il suono di una lingua straniera me lo rende meno immediato), mi chiedo se sia io l’unica persona al mondo a non aver mai immaginato né sognato nulla del genere!
Io so per certo che esistono il paradiso e l’inferno esistono davvero e già su questa terra e immaginare che non vi fossero non renderebbe certo la vita migliore. Anzi, semmai il contrario: è la spinta verso il paradiso che ha generato nell’uomo l’ansia per il bello, il vero, il buono; so, inoltre, che la vita non sarebbe vita se non esistesse qualcosa per cui vale la pena di perderla; so che un Dio, un valore, quantomeno un ideale per cui combattere e persino fare la guerra (se non con gli altri, almeno con se stessi) sono ciò che fa andare avanti il mondo (anche se oggi si vuol far credere che a far andare avanti il mondo siano sesso, droga, rock ‘n roll ed armonia globale); so che una patria, una famiglia, una casa, degli amici e un posto in cui sentirci al sicuro, in cui sentirci noi stessi, sono quello che tutti ancora sogniamo; so, ancora, che, se tutti noi vivessimo solo per il presente, non ci sarebbe alcuna “fratellanza umana”, giacché “living for today” significa fregarsene del fratello, del vicino, dei figli e chi verrà dopo di noi; so che possedere qualcosa non è un male, giacché tutto ci è stato donato affinché noi stessi ne facessimo dono a chi ha bisogno e potessimo amministrarlo con saggezza e che non ci sarebbe nulla da condividere se non ci fosse qualcosa da possedere; so, infine, che non sono un sognatore, perché vivo e combatto per quello che sogno e non mi limito ad immaginarlo o ad attenderlo, e che l’unico posto in cui sia possibile ottenere una parvenza di ciò che l’artista ha immaginato componendo la sua canzone è un luogo freddo, grigio e umido, in cui i vermi divorano la carne: la tomba.
Io non sono nato per condurre un’esistenza mediocre, una non vita in un non-luogo e in un non-tempo. Il mio Dio è Colui che è da sempre, ma che è disceso in un posto preciso, in un’epoca storica precisa, incarnandosi in un uomo preciso: Gesù. Personalmente, apprezzo le parole scritte da qualcuno che ha preceduto di un paio di millenni il signor Lennon. Si tratta di un filosofo, Eraclito di Efeso, il quale, tra il VI e il V sec. a.C., scriveva così:
Polemòs è padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi.
Polemòs è la guerra, infatti io mi definisco un polemico perché amo la guerra! Sia chiaro, non voglio mettermi a fare un’apologia del conflitto tout court, c’è guerra e guerra! Io amo le battaglie combattute contro noi stessi e contro il Male che è in noi e che è nel mondo, battaglie che ritengo degne giacché, per mezzo di esse, ho la possibilità divenire una persona migliore per me e per gli altri; amo, nonostante la fatica, le difficoltà e le sconfitte, alzarmi la mattina e sapere che, comunque vadano le cose, potrò sia vincere che perdere, poiché ci sarà sempre qualcosa, in questa vita, da vincere o da perdere. A me rimane la scelta di ciò per cui vale la pena lottare, di chi e che cosa fronteggiare, di quello che occorre ritenere o scartare.
Il mondo è un posto in cui da sempre esistono – e sempre esisteranno – bene e male, luce e tenebra, giustizia e sopruso. Noi stessi siamo teatro continuo di battaglie e contrasti. Per questa ragione, è ovvio ed è buono che vi sia la guerra, in noi e fuori di noi. Se vi fosse pace, vorrebbe dire che non vi sarebbe lotta contro l’ingiustizia, l’egoismo, la barbarie, sicché ognuno vivrebbe come un animale, pensando esclusivamente a riempirsi lo stomaco ed a saziare appetiti di qualsivoglia genere.
L’uomo è fatto per combattere la buona battaglia e per vivere in pace con Dio, il che gli consentirà pure di essere felice ma lo spingerà (non obbligandolo!) ad armarsi di tutto punto per fronteggiare ciò che è nemico e indegno non tanto del divino, quanto prima di tutto dell’umano.
L’anno appena trascorso è stato, per me, denso più che mai di contrasti e conflitti. Sono consapevole di non aver sempre combattuto la buona battaglia. A volte, nell’impeto, tendo a scambiare gli amici per nemici e viceversa, ad ascoltare la voce dell’avversario anziché quella dell’alleato, a dare troppa importanza a scaramucce di frontiera che mi distraggono, invece, dalla madre di tutte le battaglie che ha come teatro il cuore strategico del mio territorio.
Quel che so, tuttavia, è che porto i segni di tutti i combattimenti e che, se vorrò vivere appieno la mia vita, continuerò a portarne e sempre di più. Dopotutto, un’esistenza senza qualcosa per cui valga la pena morire è solamente mediocrità. Il punto è: che cosa sono disposto a perdere per il Sommo Bene? Quanto vale la mia vita se essa viene privata del suo più profondo ed essenziale significato? Che uomo è quello che accetta di veder ridotti al nulla i propri principi e ciò che dà un senso ed una dignità alla propria presenza su questa terra?
Non sono un pacifista e non immagino un mondo senza conflitti, dolore, perdite e senza qualcosa per cui valga la pena soffrire, combattere, perdere. Piuttosto, attendo con fiducia il momento in cui, alla fine di un lungo ed estenuante percorso, il Bene prevarrà sul Male, Dio sul demonio, il paradiso sull’inferno. Mi considero, per questo, armato fino ai denti, e di tante cose: della mia fede in Dio, del radicamento nei miei principi, nei valori in cui sono stato educato, nell’affetto per i miei cari; armato, ovviamente, non contro gli altri uomini, ma contro il Male dentro me e che è nel mondo.
Attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.
Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio (Efesini 6, 10-17)
Sì, sono polemico!